Guido Barilla: “Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”.
No, non è un reato tifare per la “famiglia tradizionale” (meglio rassicurare i devoti laici e religiosi che temono la persecuzione per legge delle loro idee omofobe). Ma neppure lo è scegliere di censurare, con la sola arma concessa ai consumatori (il portafogli), parole dal sapore retrogrado e bigotto come quelle pronunciate dal presidente della multinazionale Barilla.
Sul web alcuni criticano la sostanziale inutilità di un boicottaggio dei prodotti Barilla, altri rivendicano la libertà di un’azienda nello scegliere il proprio target di riferimento. Tutte posizioni legittime che tuttavia non scalfiscono le ragioni di chi, dopo avere ascoltato quelle parole, potrebbe altrettanto legittimamente trovarsi a disagio nell’acquistare e pertanto foraggiare una vision quantomeno discutibile.
Insomma, si può sempre mangiare la pasta di un’altra marca e non è necessario essere gay per farlo; è sufficiente non riconoscersi nell’imbarazzante angustia mentale ostentata dal signor Barilla.