Un mio articolo per Valigia Blu.

Un mio articolo per Valigia Blu.
Il 1 dicembre 1955 a Montgomery (Alabama) Rosa Parks, rifiutandosi di cedere il posto sull’autobus a un bianco e di andare nella parte riservata ai neri, con il suo arresto diede il via alla lunga stagione di lotta per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti d’America. Il 29 novembre 2013 negli studi milanesi di Sky Gianni Cuperlo, uno dei tre candidati alla segreteria del Partito democratico, ha inserito nel suo pantheon (minuto 19:50) accanto a Enrico Berlinguer proprio Rosa Parks (“Si sedette dove non doveva sedersi in un autobus nel 1955. Era una donna di colore. È cambiata la storia dei diritti umani nell’Occidente”). Strappa un sorriso amaro ascoltare affermazioni come queste. L’esterofilia è una malattia abbastanza comune fra gli esponenti del centrosinistra italiano: le lotte per i diritti civili più sono lontane dai nostri confini (e interessi personali, verrebbe da dire non senza malizia), più piacciono ai nostri politici. Nel caso di Rosa Parks, oltre alla lontananza geografica ci sono anche 58 anni di distanza dall’attualità. Ma questa “distanza di sicurezza” è solo apparente visto che oggi, nel 2013, i braccianti – ma sarebbe più corretto chiamarli schiavi – di Rosarno continuano a morire (l’ultimo caso è di pochi giorni fa) per le inumane condizioni di lavoro. E non c’è solo Rosarno ad interrogare le nostre coscienze: i migranti vengono sfruttati anche in altre regioni d’Italia. Tornando però a Cuperlo l’aspetto che più indigna è l’ipocrisia di chi si appropria della storia di Rosa Parks ignorando le centinaia di migranti detenuti nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), figli dei Cpt (Centri di permanenza temporanea) voluti da Livia Turco e Giorgio Napolitano. Risulta pertanto assai chiaro perché agli occhi dell’intero Partito democratico risulti difficile occuparsi in maniera credibile del presente. È per tutti meglio rifugiarsi nella narrazione di matrice veltroniana di un’America patinata e perbene, rievocando i Kennedy, Luther King e, per l’appunto, Rosa Parks. Troppo facile, caro Cuperlo! Nel pantheon vanno inseriti Dominic Man Addiah (il bracciante liberiano morto per il freddo a Rosarno pochi giorni fa) e le persone che nel Cie di Ponte Galeria non hanno riscaldamento e acqua corrente.
Lampedusa. Un’imbarcazione con oltre 500 migranti prende fuoco e si rovescia nei pressi dell’isola dei Conigli. Telegiornali e quotidiani online fanno un primo bilancio parlando di oltre 90 morti e circa 250 migranti ancora dispersi.
Esponenti leghisti alla costante ricerca di visibilità si avventano come iene sui resti dei migranti, addebitando con stolida ottusità alla presidente della Camera Laura Boldrini e al ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge ogni responsabilità (“giustificano la clandestinità”). Riferita la notizia, non è tuttavia il caso di addentrarsi ulteriormente nella mente ottenebrata di simili personaggi.
In queste ore il governo italiano rende omaggio alle vittime di Lampedusa con la solidarietà (postuma) che si riserva ai più fortunati tra gli sfortunati: uomini, donne e bambini che sono morti e continuano a morire troppo vicini alle nostre coste e in numero così grande da non poter essere più ignorati da nessuno.
Una riflessione merita il Partito democratico che a parole si straccia le vesti per i migranti morti (alcuni suoi esponenti hanno proposto una giornata di lutto nazionale), ma nei fatti – cioè nelle aule parlamentari – non ha mai sfidato il centrodestra sulla pessima Bossi-Fini (evoluzione della legge sull’immigrazione Turco-Napolitano voluta dal centrosinistra e “madre” tra l’altro dei famigerati Cie).
Sull’altare della realpolitik (o “larghe intese”, come la chiamano adesso) il compassionevole Pd ha immolato la tutela e la difesa dei migranti: all’estero (si pensi agli scellerati accordi siglati anche dal centrosinistra con la Libia in materia di lotta all’immigrazione), come in Italia.
Il lutto nazionale è una scappatoia troppo facile. Se il Partito democratico vuole fare qualcosa di veramente utile si batta in Parlamento per abrogare la Bossi-Fini e riformare radicalmente l’intero sistema dell’accoglienza.
Basta con i pianti e gli auspici.