Manifestazione movimenti per la casa e immigrati (Roma, 18 dicembre 2013)
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Il 25 novembre di Igiaba
“Una signora mi ha appena detto che io e lei non eravamo italiane uguali e che io lo sono perché qualche stronzo di sinistra mi ha dato la cittadinanza, e che se ci fosse stato ancora il duce avrebbe bonificato e messo la gente come me in un lager”. Ieri mattina Igiaba Scego, scrittrice italosomala nata a Roma e mia cara amica, ha condiviso sulla sua pagina Facebook questo spiacevole incontro accadutole a bordo di un autobus romano. La colpa di Igiaba? Aver preso le difese di una donna senegalese con evidenti problemi psichici. Episodi del genere capitano spesso, ma la concomitanza con la giornata mondiale contro la violenza sulle donne ha reso il “buongiorno” di Igiaba ancora più amaro poiché ci mette di fronte alla brutale arretratezza culturale del nostro Paese. La strada da percorrere per sradicare il pregiudizio è lunga e ancora più tortuosa quando a essere discriminate sono donne di origine straniera. A chi è intrappolato nella propria ignoranza bastano tratti somatici “diversi” per apostrofare il prossimo con epiteti offensivi e improvvisati deliri nostalgici, come quello che Igiaba ha dovuto subire ieri mattina. Una violenza a tutti gli effetti, come tante altre denunciate dai mass-media in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. Violenza inaccettabile al pari di quelle fisiche e psicologiche che finiscono, nei casi più drammatici, in prima serata. Ieri è stata oggetto di un attacco razzista, ma Igiaba non è una vittima. Non tutti i passeggeri presenti sull’autobus hanno assistito in silenzio: tre ragazzi si sono esposti per darle ragione. Quel gesto, sommato alla pacatezza con la quale Igiaba ha incassato l’allucinante sequela di insulti gratuiti, la rende vincitrice. Ma ogni vittoria, per quanto apparentemente isolata e insignificante, ha sempre un costo. Le parole, pur se figlie di inciviltà, possono ferire. L’auspicio è che sempre più persone combattano la lotta quotidiana contro l’ignoranza e il pregiudizio. Anche sugli autobus di Roma.
Che fine ha fatto lo ius soli?
Un articolo sul cricket può provocare commenti carichi di odio. Com’è possibile? Niente di più semplice; è sufficiente che i protagonisti della storia siano giovani atleti d’origine straniera che vogliano “indossare con orgoglio la maglia azzurra”. Colpa imperdonabile, per molti. Il tema dello ius soli, nonostante non occupi più da parecchio tempo le prime pagine dei giornali è ancora vissuto da molti italiani come una minaccia: basta farne cenno nel titolo di un articolo per attirare orde di furiosi difensori della “purezza” italica. Questo è quanto capita nel sottobosco del web, dove commenti del genere sono purtroppo la consuetudine. C’è tuttavia da chiedersi come mai la politica e i mass-media abbiano dimenticato il tema della cittadinanza dei figli di stranieri nati o cresciuti in Italia. Ma a ben vedere è così che va il mondo (sia dei media che della politica): ci si occupa di un argomento solo se ne ha parlato, possibilmente con toni accesi, un leader politico o, come è accaduto nel caso di Lampedusa e del reato di clandestinità, se molte persone hanno perso la vita. Sembra che soltanto così la notizia “buchi”, ammettiamolo. Nel caso dello ius soli ci sono volute le parole di Grillo per scatenare una sottospecie di dibattito che alla fine si è rivelato per quel che era fino dall’inizio: una sterile polemica tra il leader del MoVimento 5 Stelle e il Partito democratico, identificato come il “mandante” di una legge sullo ius soli che per il comico ligure non rivestiva alcun carattere di priorità. È d’altronde risaputo che un’altra sciagurata costante della politica italiana (M5S incluso) è il benaltrismo. Il problema è sempre un altro e c’è sempre “ben altro” da fare prima. In un Paese normale parleremmo invece di priorità da rispettare e di impegni assunti da onorare. Pier Luigi Bersani, durante l’ultima campagna elettorale, aveva inserito lo ius soli tra i punti qualificanti del suo programma di governo: sappiamo bene come è poi andata a finire. Con le attuali “larghe intese” la strada sembra, se possibile, ancora più in salita. Ciononostante la vita va avanti e il milione (circa) di ragazzi e ragazze di origine straniera che frequentano le nostre scuole, e sono quotidianamente ignorati dalle istituzioni, si apprestano a diventare l’ennesima occasione persa di una classe politica sempre più miope.

